Riportiamo di seguito un articolo di Luigi Castellani
pubblicato originariamente sul sito web retrovisore.it
FIAT 600, sessanta candeline tra storia e nostalgia
La più amata dagli italiani
La FIAT 600, per la propria importanza nella storia dell’automobile, può essere accostata alla Mini ed al Maggiolino. Così come la Mini ebbe le sue versioni sportive, l’italiana costituì la base per le elaborate siglate Abarth, mentre con la VW condivise il ruolo di auto del popolo, protagonista della motorizzazione di massa di intere nazioni. La piccola FIAT adottava la soluzione tutto dietro, come il Maggiolino, anche se le due vetture presentavano soluzioni motoristiche quasi antitetiche (boxer raffreddato ad aria per la VW a fronte di un tradizionale quattro cilindri in linea raffreddato ad acqua per la FIAT). La 600 sostituì la Topolino nel listino FIAT, una vettura importante, che aveva rappresentato il primo tentativo dell’industria italiana di offrire al mercato un’automobile accessibile al grande pubblico. A sottolineare la sua vocazione di auto per tutti, la 600 aveva un prezzo inferiore alla Topolino, sulla breccia fin dagli anni ’30 ed ormai urgentemente candidata alla pensione. L’esordio della 600 avvenne al Salone di Ginevra del 1955, la tecnica che la caratterizzava era moderna, potendo contare sulla carrozzeria autoportante e sulle sospensioni a quattro ruote indipendenti. Era la risposta giusta alla domanda di automobili che, molto presto, sarebbe cresciuta in modo impressionante sulla scia del boom economico.
Se per molti, nell’Italia dell’immediato dopoguerra, il bisogno primario era il sostentamento oltre alla necessità di avere un tetto, dieci anni dopo si affermava l’esigenza della mobilità individuale e la possibilità per le famiglie di andare in gita la domenica, in altre parole arrivava il benessere, che sempre si accompagna alla domanda di un’automobile per tutti (si pensi all’India o alla Cina degli anni 2000), da intendersi come sinonimo di libertà. La 600 quale ambasciatrice della libertà individuale é stata fotografata in una miriade di film prodotti nel periodo della sua commercializzazione, che in Italia si protrasse per quindici anni a partire da quel 1955, mentre in altri mercati durò assai più a lungo. La piccola FIAT 500 é un capolavoro di industrial design e, se prescindiamo dalle moderne esigenze in fatto di sicurezza e crash test, é una vettura eccezionalmente riuscita nella misura in cui riuscì a tradurre le specifiche di progetto in un veicolo che, ancora oggi, rappresenta un miracolo di abitabilità. La 600 non é altrettanto minimalista e si posiziona un segmento più in alto, potendo contare -tra l’altro- su due cilindri in più rispetto alla 500 (giunta sul mercato solo nel 1957). Sul numero di Auto Tecnica di novembre 2014 abbiamo parlato di un altro sessantesimo compleanno, quello dell’Alfa Romeo Giulietta, nata solo un anno prima della 600, cioé nel 1954. Lo abbiamo fatto anche ricordando l’importanza del lavoro italiano che, solamente dieci anni dopo le distruzioni della seconda Guerra Mondiale, aveva permesso una rinascita industriale tale da poter produrre sia automobili eccezionali come l’Alfa, nelle sue varie declinazioni, sia una piccola vettura di grande serie come la FIAT 600 (un impegno probabilmente ancora più complesso in ragione delle specifiche tecniche assai stringenti, come sempre si verifica per le utilitarie).
La 600, dunque, ha lasciato il segno perché vettura carica di significati, da quello propriamente tecnico (relativo cioé al progetto), all’ineguagliato impatto sociale, al fatto di essere icona di una storia industriale, quella della FIAT e dell’Italia del dopoguerra, avviata verso il miracolo economico. Il cinema italiano che va dalla fine degli anni ’40 all’inizio dei ’70 accompagnò, con le sue diverse tendenze ed interpreti, la rinascita ed il successivo boom economico del Paese. L’utilitaria torinese é protagonista assoluta di quel cinema a partire dal 1955 in poi, con alcuni esempi particolarmente pregnanti. A noi piace ricordare “I Mostri”, film a episodi del 1963 che, da solo, costituisce uno spaccato impietoso quanto divertente di un’Italia in evoluzione, assai egoista in certe sue manifestazioni, ma pur sempre umanissima. Ugo Tognazzi, che con Vittorio Gassmann é protagonista e mattatore del film, nell’episodio “Vernissage” compra una 600 presso una filiale FIAT, dove le vetture in pronta consegna sono “impacchettate” come sardine in lunghe file. Un fenomeno all’interno del fenomeno 600 fu rappresentato dalle ambitissime, oggi come ieri, versioni preparate Abarth, tra cui le celebri Abarth 850 TC, 850 Nürburgring e “1000”. Queste mini-bombe su quattro ruote, interessantissime dal punto di vista concettuale e delle prestazioni, possono essere considerate idealmente le antenate di vetture come le Abarth odierne ma anche, ad esempio, della Golf GTI degli anni ’70.
Utilitaria per eccellenza
Il cuore della 600 é il motore tipo 100 (quello delle prime tre serie), di cilindrata complessiva pari a 633 cm3, un quattro cilindri raffreddato ad acqua che avrà lunga vita e numerosi sviluppi tecnici. La potenza della prima versione era di 21,5 cavalli a 4.600 giri al minuto, sufficiente per spingere l’utilitaria a 90 km/h. Con questa motorizzazione la 600 poteva trasportare, non senza un certo confort, quattro persone con un bagaglio di 30 chilogrammi. Dopo un anno dall’esordio comparvero due varianti di carrozzeria, quella a tetto apribile (trasformabile) e l’originale Multipla che, in anni recenti, ha ispirato un’altra FIAT che ha portato il suo stesso nome. La Multipla del 1956 non era bella a vedersi, a causa del muso alto e schiacciato, ma può tutt’ora definirsi geniale e, certamente, assai versatile.
Queste doti e la sua robustezza ne faranno un modello di successo nel ruolo di auto pubblica e, per molti anni, le Multipla in allestimento taxi saranno un elemento comune nel traffico delle nostre città, con la caratteristica livrea verde/nero dei taxi italiani. Dopo le prime tre serie, dotate del motore tipo 100, ne seguiranno altre tre, introdotte a partire dal 1960, spinte dal nuovo motore tipo 100 D, con cilindrata incrementata a 767 cm3. Per questa ragione la denominazione della vettura diviene 600 D anche se, nell’Italia di quegli anni, era molto usata la dizione “750”. Per la mentalità degli automobilisti del 1960, infatti, era importante oltre che gratificante sottolineare l’incremento di cilindrata della vettura posseduta, per quanto si trattasse sempre di cilindrate modeste. Per questo motivo, invece di “600 D”, si preferiva dire “750” e si giungeva anche a sostituire la scritta posteriore con altre, reperibili nei negozi di accessori, con l’indicazione esplicita della cilindrata.
Anche la Multipla e la versione taxi ricevettero il motore tipo “D”, mentre la berlina fu dotata di deflettori. L’incremento di cilindrata era ottenuto portando i valori di alesaggio e corsa dagli originari 60X56 mm a 62X63,5 mm mentre la potenza cresceva fino al valore di 29 CV CUNA a 4.800 giri/min. (é sempre bene indicare le norme con le quali é stata misurata la potenza massima, perché i dati possono differire secondo la normativa impiegata). Grazie all’incremento di potenza la velocità massima era ora di 110 km/h. La 600 D era un po’ più pesante del modello degli esordi, infatti il peso a vuoto passava da 585 kg a 605, quello a pieno carico da 895 kg a 925 kg. Nell’ambiente dei “seicentisti” si é affermata la prassi di indicare le diverse serie della vettura con sigle che vanno da B1 a B6. Le sei serie si ottengono sommando le prime tre (versioni con cilindrata di 633 cm3 dotate del motore “tipo 100”) e quelle comunemente chiamate “750” (versioni con cilindrata di 767 cm3 dotate del motore “tipo 100 D”).
Complessivamente, nel periodo 1955-1969, sono state prodotte 2.695.197 unità delle diverse varianti succedutesi, prendendo in esame solamente la produzione italiana. Ben più elevato il totale comprensivo della produzione mondiale, comprendente le vetture assemblate in Yugoslavia (Zastava), Spagna (SEAT), Germania (Neckar) e Sud America (Argentina e Cile), che viene stimato nella cifra di 4.939.642 unità. In alcuni casi la produzione arriverà fino agli anni ’80 inoltrati, come nella ex-Yugoslavia.
Evoluzione estetica e meccanica
Sempre riferendoci alla produzione italiana, osserviamo come attraverso le sei serie, che possiamo designare con sigle che vanno da B1 a B6, vi sia stata un’evoluzione graduale ma costante della meccanica e dell’allestimento delle vetture, che testimonia l’importanza che la 600 rivestiva nel listino FIAT e le politiche commerciali attuate, che vanno inquadrate nell’ottica di un nascente marketing. La prima serie della 600 presentata nel 1955, oggi la più ambita e rara, é facilmente riconoscibile essendo l’unica con i cristalli delle porte scorrevoli orizzontalmente. Con la seconda serie, presentata sempre a Ginevra nel marzo 1957, arrivano invece i vetri discendenti e si tratta proprio della versione alla quale appartiene la vettura celeste del nostro fotoservizio (si tratta di un esemplare magistralmente restaurato che appartiene al collezionista grossetano Sandro Vaghetti). Con la terza serie (“B3”), introdotta nel marzo 1959 ancora al Salone di Ginevra, scompaiono i fanalini posti sopra i parafanghi anteriori e vengono adottate luci simili a quelle della 500, poste al di sotto dei fari. Posteriormente scompaiono i fanalini di piccole dimensioni e vengono adottati quelli “stile 500”, più grandi, che rimarranno invariati nelle serie successive. La “B4” é invece la prima variante dotata del motore “100 D” e, quindi, la prima delle 600 D. Venne presentata al Salone di Parigi del 1960 e segna una svolta importante nell’evoluzione del modello. Si distingue dalle versioni precedenti per il nuovo lamierato del cofano motore, ora con grigliatura maggiorata, e per i deflettori orientabili. Resta in produzione fino al maggio del 1964, quando viene presentata la “B5”, che é la prima versione dotata delle porte incernierate anteriormente, mentre le versioni precedenti avevano tutte le porte “suicide” (suicide doors), con le cerniere applicate posteriormente.
L’ultima versione arriva al Salone di Torino alla fine del 1965. Si tratta della nota “Fanaloni”, nomignolo che deriva dai nuovi fari maggiorati, caratterizzata anche dal nuovo fregio ristilizzato posto sul frontale. Si tratta della vettura bianca del nostro servizio, cioé del modello destinato a restare in listino sino alla soglia degli anni ’70. (questo esemplare appartiene a Claudio Conte, noto collezionista e concessionario, anch’egli grossetano). La configurazione di carrozzeria di questa ultima serie della 600 D sarà la base per diverse versioni estere, SEAT e Zastava in primis, il cui orizzonte temporale giunge ben oltre la fine della produzione in Italia. Queste nostre considerazioni ed i riferimenti alle diverse serie della piccola torinese valgono per i modelli FIAT del periodo 1955-1969, perché nelle produzioni estere l’evoluzione del modello ed i tipi prodotti non corrispondono esattamente ai modelli italiani. Si ebbero, infatti, commistioni di motori, lamierati, allestimenti e piccoli particolari della carrozzeria. Ciò si può constatare facilmente focalizzando la nostra attenzione sui modelli costruiti su licenza dalla spagnola SEAT, che iniziò la produzione della 600 nel 1957 (due anni dopo la FIAT) e non ebbe una versione con i vetri scorrevoli orizzontalmente per cui, grosso modo, la prima serie spagnola coincide con la seconda serie italiana (vetri discendenti). I modelli FIAT e SEAT sono accomunati dalla fama di andare soggetti a surriscaldamento, soprattutto dopo uno sforzo prolungato del motore, il che si verificava principalmente nelle prime versioni. Tuttavia, come abbiamo potuto constatare nel corso della nostra prova, se a queste utilitarie non si chiede troppo il problema del surriscaldamento non si pone.
Meglio, allora, godersi l’atmosfera vintage che offre la 600 e viaggiare ad andatura turistica, assaporando una piccola vettura che può essere molto piacevole da guidare. 21 cavalli sono sufficienti per spingerla con uno spunto soddisfacente ed il divertimento inizia dal principio, salendo a bordo dalle porte suicide (almeno per quanto riguarda i modelli fino al 1964). E’ questo il caso dell’esemplare celeste che Vi mostriamo, immatricolato nel 1958, mentre la bella “fanaloni” bianca rappresenta la versione matura della 600, con le porte incernierate anteriormente, il deflettore, poche cromature, il lamierato del cofano motore con le griglie addizionali (immediato il confronto con la sorella più anziana), aggiunte in più proprio per migliorare il raffreddamento, oltre al fregio frontale più semplice e moderno (un solo baffo cromato anziché tre). Sul cofano motore abbiamo tre fessure in più per ogni lato, cioé 18 invece di 15 per un totale di 36, poste ai due lati della targa a partire dalla prima 600 D, cioé dal modello che abbiamo designato come “B4” nelle nostre precedenti note, accogliendo una prassi divenuta sempre più comune tra i collezionisti. Con queste notizie ed osservazioni é possibile, sempre che un esemplare sia in condizioni di originalità, capire a colpo sicuro quale versione abbiamo davanti a noi. Dal punto di vista meccanico, invece, l’evoluzione maggiore si ebbe con il passaggio dalla 600 alla 600 D, con il relativo incremento di cilindrata (da 633 a 767 cm3 ). Conseguentemente veniva incrementata la potenza e quindi le prestazioni.
Tuttavia, anche prima di questo importante cambiamento, vi era stato un costante e graduale affinamento della parte meccanica, con novità introdotte quasi sempre in occasione dei restyling che abbiamo già ricordato. In questo modo la potenza della prima versione, pari a 21,5 CV, da marzo 1957 era passata a 22 CV sempre a 4.600 giri/min., mentre da marzo 1959 era ulteriormente salita a 24,5 CV a 4.900 giri/min. Contemporaneamente, il valore originario della coppia massima, pari a 4 kgm a 2.800 giri/min., nel marzo del 1957 era stato incrementato a 4,5 kgm a 2.400 giri/min.. Nel marzo 1959 il valore assoluto della coppia massima restava di 4,5 kgm, ottenuti però un po’ più in alto, al regime di 3.000 giri/min.
CARATTERISTICHE TECNICHE
Qui di seguito riportiamo in due schede le caratteristiche tecniche della 600 e della 600 D. Nella prima scheda abbiamo messo tra parentesi i dati della seconda serie, cioé della vettura celeste del nostro servizio che, come abbiamo già visto, viene indicata come B2. Per ognuna delle tre serie dotate del motore Tipo 100 si ebbero piccoli incrementi della coppia e della potenza massima. Tra la prima versione del 1955 e le ultime 600 vi fu un incremento della potenza di una decina di cavalli (come sempre il dato dipende dalle norme cui si fa riferimento) che, se in valore assoluto non sono pochi, in termini percentuali equivalgono a circa il 50% in più.
SCHEDA TECNICA della FIAT 600 PRIMA SERIE
(tra parentesi i dati della seconda serie, la “B2”)
Motore:
4 cilindri in linea, alesaggio x corsa = 60 x 56 mm, 633 cm3, potenza max 21,5 (B2: 22) CV a 4.600 giri/min, rapporto di compressione 7:1, un albero a camme nel basamento, alimentazione mediante un carburatore Weber 22 DRA poi Weber 22 DRA 1 oppure Solex C 22 BICF (B2: Weber 22 IM).
Trasmissione:
trazione posteriore, frizione monodisco a secco, cambio a 4 marce + RM, pneumatici a bassa pressione 5,20-12”.
Corpo vettura:
carrozzeria autoportante berlina oppure trasformabile, due porte, sospensioni anteriori a ruote indipendenti con bracci trasversali superiori, balestra trasversale inferiore, ammortizzatori telescopici; posteriori a ruote indipendenti con bracci trasversali, molle elicoidali, ammortizzatori telescopici; freni a tamburo, sterzo a vite e settore elicoidale.
Dimensioni e peso:
passo 2.000 mm, lunghezza 3.215 mm (versioni trasformabili e tutte a partire da ottobre 1957: 3.285 mm), larghezza 1.380 mm, altezza 1.405 mm, peso a vuoto 585 kg.
Prestazioni:
velocità max 90 (B2: 95) km/h.
Consumo medio:
5,7 l /100 km.
SCHEDA TECNICA della FIAT 600 D
(versioni con motore tipo 100 D)
Motore:
4 cilindri in linea, alesaggio x corsa = 62 x 63,5 mm, 767 cm3, potenza max 32 (29 secondo norme CUNA) CV a 4.800 giri/min, rapporto di compressione 7,5:1, un albero a camme nel basamento, alimentazione mediante un carburatore Weber 28 ICP oppure Solex C21 PIB.
Trasmissione:
trazione posteriore, frizione monodisco a secco, cambio a 4 marce + RM, pneumatici a bassa pressione 5,20-12”.
Corpo vettura:
carrozzeria autoportante berlina oppure trasformabile, due porte, sospensioni anteriori a ruote indipendenti con bracci trasversali superiori, balestra trasversale inferiore, ammortizzatori telescopici; posteriori a ruote indipendenti con bracci trasversali, molle elicoidali, ammortizzatori telescopici; freni a tamburo, sterzo a vite e settore elicoidale.
Dimensioni e peso:
passo 2.000 mm, lunghezza 3.295 mm, larghezza 1.380 mm, altezza 1.405 mm, peso a vuoto 605 kg.
Prestazioni:
velocità max 110 km/h.
Consumo medio:
5,8 l /100 km.
La genesi della vettura
Non si può affrontare l’argomento della FIAT 600 senza parlare del suo progettista che, come tutti sanno, fu l’ingegner Dante Giacosa (1905-1996). Giacosa é una figura di tecnico e creatore di automobili che non ha bisogno di presentazioni, in virtù della sua smisurata opera che, in FIAT, si tradusse in 40 anni di progettazione, alla quale occorre aggiungere l’attività di educatore, docente e fecondo pubblicista, autore di testi come il celeberrimo “Motori Endotermici”, vero e proprio vademecum degli studenti di Ingegneria per intere generazioni. Direttamente dalla 600 deriverà la 850 (introdotta nel 1964) e, almeno per quanto riguarda il motore, la 127 e numerose altre FIAT di successo. In questo modo il piccolo quattro cilindri, nato con una cubatura di soli 633 cm3, crescerà nel tempo, restando sempre attuale e presente sulla scena dell’automobile durante più decenni.
Tra i testi scritti da Giacosa spicca “Progetti alla FIAT prima del computer”, edito da Automobilia, uno spaccato di storia industriale italiana che riteniamo imperdibile per chiunque si interessi all’automobile. Leggere oggi questo libro, che costituisce l’autobiografia del progettista, é un po’ come intervistare l’ingegnere, scomparso nel ’96. Nella nostra ottica é del massimo interesse andare a rileggere il capitolo ove racconta la complessa genesi della 600. Leggiamo o, meglio, ascoltiamolo: “Definito nel 1951 il progetto della 103, era giunta l’ora della scelta per la sostituzione della 500 C. La 500 C Giardiniera aveva successo e diffusione, ma non poteva essere prodotta in grande quantità per molti anni” -spiega il progettista- Era dunque inevitabile sostituirla con un modello più moderno a quattro posti”. Lo scoglio maggiore in tema di specifiche tecniche era il vincolo posto dai vertici FIAT, che volevano che il peso fosse contenuto in soli 450 kg. Giacosa sapeva bene che questo obiettivo era impossibile da raggiungere, tanto che scrive: “Sapevo come regolarmi. Il peso di 450 kg era un miraggio, ma badai bene dal discuterne. Mi bastava per il momento aver ottenuto libertà di scelta per la posizione del motore”.
Giacosa infatti aveva concluso che, per alloggiare quattro persone in una vettura possibilmente più piccola della 500 C Giardiniera, l’unica opzione possibile stava in una soluzione “tutto avanti” oppure “tutto dietro”. In prospettiva storica la soluzione tutto dietro sarebbe stata quella adottata per la 600 mentre l’opzione tutto avanti si materializzerà solo più tardi. Come si giunse alla scelta di un’architettura meccanica di questo tipo? Vi furono certamente motivazioni tecniche, legate anche alla sperimentazione di diverse motorizzazioni, tra cui un due cilindri contrapposti. Si trattava, in realtà, di un motore con architettura a V di 150o che, però, manifestò diverse problematiche e, alla fine, venne accantonato. “Fu in definitiva la valutazione del costo” -prosegue l’autore- “a farmi scegliere la disposizione “tutto dietro”. La “tutto avanti”, attraente per i vantaggi di ordine tecnico che la trazione anteriore presenta, ma soprattutto per lo spazio consentito alla carrozzeria, risultava… di costruzione nettamente più cara della soluzione con motore posteriore”. Ricapitolando, lo stato maggiore della FIAT chiedeva all’ingegner Giacosa quasi l’impossibile, cioé di realizzare una vettura che sostituisse la 500 C Topolino e la sua popolare versione Giardiniera con una nuova utilitaria, che fosse in grado di trasportare quattro persone, con una velocità massima non inferiore ad 85 km/h ed un peso contenuto in soli 450 kg.
Prescindendo da quest’ultimo requisito, che lo stesso progettista riteneva all’atto pratico impossibile da soddisfare, la soluzione doveva passare per una vettura con architettura meccanica “tutto avanti” oppure “tutto dietro” e fu prescelta quest’ultima. Nacque così la FIAT 600 e divenne uno dei più grandi successi commerciali di tutti i tempi, affiancata nel Mondo dalle “sorelle” gemelle, che recavano i marchi SEAT, Zastava, Neckar oppure erano fabbricate in luoghi lontani come Argentina e Cile, da dove si diffusero in tutto il Sudamerica. Solo per fare un esempio, in Uruguay ancora oggi é possibile veder circolare delle 600, che la gente chiama affettuosamente con il nomignolo di “El Fitito” (la piccola FIAT).