Auto che hanno fatto storia: Lancia Fulvia Coupé
Riportiamo di seguito un articolo di Luigi Castellani
pubblicato originariamente sul sito web retrovisore.it
Lancia Fulvia Coupé:
l’anima di una grande Lancia in una coupé nata per vincere
Nata vincente: la Fulvia Coupé é stata e resta una grande Lancia, che ha vinto tutto nei rally ma non solo, affascinando il pubblico che le tributò il successo commerciale negli anni ’60 e ’70, fino a divenire un vero e proprio fenomeno di costume. Per questo l’abbiamo inserita nel novero di quelle vetture delle quali celebriamo il “compleanno”, in questo caso il cinquantesimo. E’ evidente, infatti, che ogni anno numerose automobili di interesse storico compiono trenta o cinquant’anni, ma Auto Tecnica opera una selezione e decide di parlare solo di quelle macchine che hanno segnato lo sviluppo tecnico dell’automobile, il costume e lo sport. Il coupé Fulvia é stato ambitissimo da una clientela ampia e variegata, che spaziava dai tradizionali lancisti ai giovani ed alle signore, affascinate dall’eleganza di questa vettura raffinatissima. Le sue linee tratteggiano come un paradigma i canoni stilistici del coupé all’italiana, che é un’automobile agile e leggera nella sostanza e nella forma, all’antitesi di certi coupé di scuola tedesca derivati direttamente da berline di oltre 2 tonnellate: in pratica una loro versione a due porte. Un altro aspetto che caratterizza questa automobile straordinaria é il concetto di efficacia di una vettura, sul quale ci siamo già soffermati in un recente passato e che costituisce una prerogativa comune di numerose Lancia passate alla storia, dalla Lambda all’Aprilia, dall’Aurelia GT alla Delta. Questa idea di efficacia, per noi, si concretizza quando un’automobile riesce ad esprimere un potenziale che va ben al di là dei semplici dati numerici racchiusi nella sua scheda tecnica quali cilindrata, dimensioni, potenza massima ecc.
Quando ciò si verifica siamo in presenza di un’automobile al di fuori del comune, capace di prestazioni straordinarie. E in effetti la Fulvia, con la Coupé in particolare, possiede caratteristiche degne di nota, a partire dal raffinatissimo motore V4 di pura scuola Lancia fino alla capacità di viaggiare a medie elevate sui tracciati misti, una dote presente già negli esemplari di serie e che, nelle gare, si tradusse in una miriade di vittorie e di titoli conquistati, non di rado contro avversarie più potenti. Il fenomeno della Fulvia Coupé, spesso chiamata con l’appellativo affettuoso di Fulvietta, inizia al Salone di Ginevra del 1965. La linea é molto personale, bassa e slanciata, tanto che a livello ottico l’assieme esprime una forte impressione di leggerezza. Il disegno é di Piero Castagnero, che in Lancia ha già curato lo stile di Fulvia e Flavia berlina, entrambe vetture fuori dal coro: soprattutto la Flavia, che ad alcuni non piace ma certamente si distacca dai canoni convenzionali propri del 1960, l’anno in cui vide la luce. La somiglianza della Fulvia Coupé con la tranquilla berlina da cui deriva é effettivamente scarsa e si può ravvisare nella forma della mascherina e della fanaleria posteriore. La meccanica, invece, deriva dalla berlina, con il motore longitudinale collocato davanti alle ruote anteriori ed inclinato a sinistra di 45o. Il cofano piuttosto lungo é tipico delle sportive Lancia di quel periodo (basti pensare alla bellissima Flavia Coupé firmata Pininfarina). Questo elemento si fonde alla perfezione con il disegno originalissimo della carrozzeria, fatto di linee tese ed armonicamente raccordate, sulle quali spicca il padiglione dai montanti rettilinei.
Nella Fulvia Coupé, grazie alla generosa vetratura a 360o, la visibilità é ottima ed i passeggeri beneficiano di un ambiente luminoso, oltre che lussuosamente arredato. La dotazione infatti é in linea con i canoni Lancia, solo il deflettore inizialmente é fisso e diverrà apribile a partire dal 1968, con la versione Rallye 1,3 S. Il cuore della Fulvia é però il sofisticato motore V4 di 13o. La sua cilindrata é di 1.216 cm3 ed eroga una potenza massima di 79 CV secondo le norme IGM (equivalenti ad 80 CV DIN) al regime di 6.000 giri/min. Poiché la Fulvia Coupé pesa 80 kg meno della Fulvia GT berlina, accreditata della stessa potenza, le prestazioni risultano brillanti. La velocità massima é di 160 km/h (effettivi), un valore che oggi é alla portata di molte utilitarie ma che, negli anni ’60, costituiva un dato significativo. Occorre anche tener conto che a 160 km/h la vettura é stabile e tutto il range di velocità può quindi essere sfruttato dal pilota, cosa non scontata negli anni ’60 e, forse, nemmeno oggi. Ottime anche le doti di ripresa da 40 km/h nel rapporto più alto. Le sospensioni sono indipendenti anteriormente con bracci trasversali, balestra trasversale e barra stabilizzatrice, mentre il retrotreno é a ponte rigido con balestre longitudinali e barra stabilizzatrice. La Fulvia é figlia della visione tecnica del grande progettista Antonio Fessia, ingegnere meccanico e docente di chiara fama, che portò in Lancia la trazione anteriore. Precedentemente in FIAT, dove era entrato nel 1925, era stato capo dell’Ufficio progetti auto e, poi, direttore degli uffici tecnici, negli anni in cui erano state sviluppate vetture come la Topolino, la 1100 e la 1500 a sei cilindri.
Dopo questo periodo era passato alla Cemsa e poi in Lancia, divenendo il padre prima della Flavia e poi della Fulvia. La vettura F11, una trazione anteriore con motore boxer progettata da Fessia per la CEMSA, anticipava la Flavia. In Lancia, sotto la sua guida, vengono prodotte le Appia seconda e terza serie, la Flaminia, la Flavia e la Fulvia, con le numerose varianti da esse derivate. Vengono introdotti, oltre alla trazione anteriore, il motore boxer, i freni a disco sulle quattro ruote con due circuiti indipendenti e l’alimentazione ad iniezione. Tornando alla Fulvia Coupé, per i clienti sportivi venne presto presentata la prima versione HF, sempre con il motore di 1,2 litri ma con potenza massima incrementata a 87 CV, per una velocità di punta di 162 km/h. L’esordio della HF avvenne all’inizio del 1966 e, sotto il vestito, le novità erano corpose, mentre la vettura strizzava l’occhio alla clientela più dinamica e sportiva, anche perché pensata per poter essere facilmente preparata per le corse. Sull’HF troviamo due carburatori Weber 34 DOL, due nuovi alberi a camme, nuovi collettori di aspirazione e di scarico. La carrozzeria era stata alleggerita adottando, tra l’altro, portiere e cofani in lega d’alluminio, per cui il peso in ordine di marcia scendeva da 950 a 825 kg, un dato che la dice lunga sulla vocazione sportiva della vettura. Inoltre il lunotto ed i finestrini erano realizzati in Plexiglass. A nostro giudizio, mentre la maggior parte degli appassionati spasima per la HF 1,6 “Fanaloni”, riteniamo che la versione più appetibile e storicamente degna d’interesse sia proprio questa primissima HF, un vero gioiello nella sua raffinatezza sotto tutti i punti di vista ed oggi praticamente introvabile.
Per le stesse ragioni (v. Auto Tecnica di settembre 2013) una Delta HF turbo a trazione anteriore merita oggi attenzione ed é destinata ad acquistare valore in prospettiva storica e collezionistica, sia perché divenuta abbastanza rara, sia perché é stata la prima Delta con il turbo ed il logo HF. La Fulvia HF 1,2 venne realizzata in 435 esemplari che, per lo più, furono venduti ai clienti sportivi, cioé a piloti di professione e gentleman, che la impiegarono nelle competizioni. Quanto al “mistero” delle due versioni del motore da 1,2 litri, quella di 1.216 cm3 e l’altra di 1.231, che esordì nel 1967, si trattò semplicemente di un affinamento tecnico, che vide anche una lieve correzione dell’angolo della V dei cilindri che passò da 13o a 12,45o.
Nasce (e cresce) una leggenda: dopo aver presentato la vettura nel 1965 la Lancia non stette certo a guardare e nuove varianti furono presto introdotte in listino. Al Salone di Ginevra del 1967 fu presentata la versione “Coupé Rallye 1,3” che si scrive esattamente così (non Rally). La nuova vettura beneficiava di un incremento di cilindrata, portata al valore di 1.298,26 cm3, mentre vi erano diverse migliorie meccaniche, tra le quali spiccavano le nuove teste, i condotti di aspirazione e scarico di maggiore diametro, nuovi carburatori e collettori di scarico. La potenza massima di questo brillante 1.300 era di 86 CV IGM, sufficienti per garantire una velocità massima di 168 km/h. I rapporti del cambio adottati erano gli stessi della Fulvia Sport Zagato e la trasmissione restava sempre a 4 marce. Da notare come la versione “normale” della Rallye 1,3 avesse prestazioni prossime a quelle della prima HF 1,2, anche se quest’ultima possedeva un carattere più corsaiolo. Questa volta il debutto della nuova versione con il logo HF avvenne contemporaneamente a quello del modello base e prese il nome di “Coupé Rallye 1,3 HF”.
La vettura manteneva i tratti generali e gli alleggerimenti già introdotti con la precedente HF, così come la suggestiva livrea rossa con le strisce longitudinali gialle e blu, ma incorporava anche significative migliorie, in primo luogo il motore da 100 cavalli che la spingeva sino a 174 km/h e dotato di nuove teste, valvole maggiorate, nuovi alberi a camme e volano alleggerito. Nel volgere di due anni, pertanto, si può osservare l’attenzione costante con cui la Lancia segue e sviluppa gradualmente la Fulvia Coupé, seguendo quella filosofia tipica di miglioramento del prodotto che, per Lancia, significava tendere alla perfezione, se non raggiungerla. A conferma di ciò, altre importanti novità giunsero al Salone di Torino del 1968. Anche in questo caso la presentazione della nuova Coupé Rallye 1,3 S e quella della Rallye 1,6 HF avvennero simultaneamente, seguendo quella che ormai era divenuta una prassi. La Rallye 1,3 S adottava il servofreno, il limitatore di frenata ed il nuovo radiatore dell’olio (ma anche i deflettori apribili), era più potente della versione precedente (la Coupé Rallye), potendo ora vantare 91 CV IGM (sempre a 6.000 giri/min.) per una punta velocistica di 173 km/h, ma la grande novità fu la HF con il motore di 1,6 litri di cilindrata, che verrà presto ribattezzata “Fanaloni” (o “Fanalone” ma anche “Fanalona”), accreditata di ben 115 CV IGM (130 CV SAE), un valore molto elevato per l’epoca, che le permetteva di arrivare ai fatidici 180 km/h (un altro dato che, in quegli anni, incuteva un certo rispetto). La nuova HF aveva un cambio a 5 marce, con modifiche alle sospensioni, ai semiassi, allo sterzo ed ai freni. L’angolo della V dei cilindri era di 11,20o. Bellissime le ruote in lega, con verniciatura argento oppure dorata, che diverranno un must per i proprietari di tutte le Fulvia Coupé, ma anche di qualche berlina.
Sono i cerchi montati sulla vettura marrone del nostro fotoservizio. Venne offerta anche una versione con alberi a camme più sportivi e rapporto di compressione più elevato (11:1), mentre l’anno seguente (1969) sarà disponibile un allestimento comprendente i paraurti ed interni più confortevoli, anticipando così la futura HF Lusso degli anni ’70. Il motore di 1.584 cm3 costituisce l’evoluzione più alta del propulsore Fulvia, un classico con la sua architettura a “V stretto” che, nelle corse, arriverà ad erogare trenta cavalli in più (160), senza far ricorso alla sovralimentazione. E’ sufficiente osservare la vettura di fronte per capirne il carattere, sottolineato dai grandi proiettori allo iodio che, da soli, bastano ad evocare il profumo delle corse assieme ai codolini passaruota ed all’assetto, che esalta il profilo basso e sfuggente della Coupé Lancia. Con la HF 1,6 verrà consacrato il mito della Fulvia, un’auto italiana sostanzialmente di serie che vince le corse, perché anche le vetture preparate al top non erano poi qualcosa di troppo diverso dagli esemplari “normali”, da cui derivavano. Le vittorie della Fulvia Coupé, in tutte le sue declinazioni e varianti, sono realmente innumerevoli, così come numerosi sono i piloti che l’hanno guidata in gara. L’esordio assoluto della Fulvia Coupé nelle competizioni era avvenuto nello stesso periodo in cui era stata presentata, cioé all’inizio di novembre 1965, al Tour de Corse. Si trattava di un esemplare quasi completamente di serie, con tre soli cavalli in più (83) ed i rapporti del cambio molto corti, tanto che la velocità di punta era limitata a 115 km/h mentre il peso era stato limato, ottenendo una riduzione di circa 70 kg. Tutto qui. Questa vettura, a sorpresa, si piazzò ottava assoluta. Sull’argomento, comunque, sono stati scritti interi volumi, ma vogliamo citare la vittoria di Munari al tour de Corse del 1967, ottenuta con la HF 1,3 e le affermazioni conseguite nel 1969 con la versione 1.600 della HF, che permisero a Kallstrom di laurearsi campione europeo.
La Fulvia, con le sue vittorie ma, soprattutto, con il trionfo della sua carriera al Montecarlo del ’72, entrò nell’immaginario collettivo degli italiani, mettendo in riga francesi e tedeschi, che schieravano gli uni vetture più leggere (leggi Alpine Renault), gli altri più potenti (Porsche). Quando ormai la coupé torinese era un modello maturo, ecco giungere il trionfo più grande, che farà decollare di nuovo le vendite della Fulvietta, la cui vita commerciale e produttiva si allungherà ben addentro agli anni ’70 stante la domanda di vetture da parte dei clienti anche se, ormai, sviluppi significativi non ne verranno più. In ogni caso ci piace ricordare come, anche nel 1973, la Fulvia HF fosse sempre risultata competitiva, tanto che al Montecarlo Munari si portò in testa due volte, salvo poi ritirarsi per uscita di strada. L’ultimo momento di gloria per la Fulvia coincide con la sua ultima uscita ufficiale, al Safari del ’74, dove l’equipaggio Munari-Drews colse un brillante terzo posto. Tra l’altro, i 12 punti così ottenuti consentiranno alla Stratos di vincere il Mondiale quello stesso anno (i punti mondiali furono conquistati con tre diverse vetture: Fulvia HF, Beta Coupé e Stratos). Tornando all’evoluzione del listino, che abbiamo seguito sin qui in ordine cronologico, ulteriori novità erano arrivate nel 1970. E’ l’anno del restyling che oggi, a distanza di 45 anni, possiamo definire riuscito (mentre all’epoca a qualche aficionado lancista non piacque). L’aspetto del coupé ne usciva ringiovanito, il frontale contemplava una nuova griglia che si estendeva per l’intera lunghezza, dai fari di destra a quelli di sinistra, mentre le frecce erano collocate all’interno dei paraurti, ora di disegno più lineare e dotati di profili gommati. Sul cofano motore non si trovava più il listello cromato, già eliminato sui modelli più potenti. All’interno vi erano altre novità tra cui il volante a due razze, la leva del cambio corta e la strumentazione aggiornata. Il cambio era a 5 marce, una scelta quasi obbligata per una sportiva come questa nello scenario degli anni ’70.
La potenza massima era rimasta quella della precedente Rallye 1,3 S (ribattezzata Coupé 1,3 S) e si attestava sul valore di 91 CV secondo le norme IGM (corrispondenti a 90 CV DIN). Una brillante intuizione del marketing Lancia portò, sulla scia del trionfo a Montecarlo, a presentare nel marzo del ’72 una versione che era una replica della Fulvia che aveva vinto la maratona monegasca. Si trattava della Coupé 1,3 S Montecarlo, che non é la HF ma sfoggia una livrea simile, con i cofani neri e piccoli adesivi che riproducono la placche del rally. La Fulvia Montecarlo era priva di paraurti ed era dotata di serie di proiettori supplementari, oltre che del bel volante in pelle. Ne verranno vendute 4.440 unità, a riprova dell’appeal della Fulvia e del ritorno di immagine della storica affermazione al Montecarlo. La Coupé 1,3 S in allestimento standard, invece, verrà venduta in 45.216 esemplari: tanti per una vettura di nicchia che, ormai, non era nemmeno più recentissima. Con il maquillage delle versioni normali le novità estetiche furono estese anche alla HF 1,6. La nuova mascherina venne così applicata anche alla versione di punta ed inoltre, stante l’assenza dei paraurti, gli indicatori di direzione furono posizionati direttamente sulla carrozzeria. Tra questi spiccava una serie di prese d’aria ritagliate nella lamiera frontale. Gli interni erano volutamente essenziali, con il manometro olio al posto dell’orologio. Il nome commerciale della vettura divenne “Coupé 1600 HF” e la potenza rimase invariata (115 CV IGM ovvero 130 CV SAE). Disponibile anche la versione Lusso, che aveva i paraurti ed i deflettori orientabili, mentre internamente si registrava un grado di finitura maggiore ed una insonorizzazione più “turistica”.
Quando giunse la terza ed ultima serie, nel 1974, la Fulvia Coupé era in listino da 9 anni ma si vendeva ancora, mentre la Fulvia berlina era andata in pensione. Sul finire del 1973, infatti, venne presentata la Fulvia 3, cioé la terza serie della fortunata coupé, che fu commercializzata a partire dal 1974. La vettura mantenne la configurazione meccanica della Rallye 1,3 S della serie precedente e si distingueva per la targhetta con la dicitura Fulvia 3 e per la mascherina e le cornici dei fari nere, anziché cromate. Anche in questa versione il coupé Lancia é una vettura raffinatissima, il volante é più piccolo e sportivo, nell’abitacolo si notano la moquette e lievi ritocchi alla strumentazione. Consapevole dell’appeal esercitato dalla vittoria a Montecarlo di due anni prima, la Casa non mancò di affiancare al modello standard la versione Montecarlo, simile a quella già vista con la seconda serie, quindi niente paraurti, aggiunta dei fari supplementari, sedili tipo corsa ma, soprattutto, l’immancabile livrea “alla Sandro Munari” applicata alla carrozzeria. Il canto del cigno, ultima versione del coupé, é la Safari, presentata alla fine di quel 1974. Secondo alcuni testi specializzati sarebbe esistita solamente gialla, ma le foto ufficiali della Lancia la mostrano rossa, come nell’immagine che abbiamo riprodotto a corredo dell’articolo. Certamente accattivante, la Fulvia Safari faceva a meno del superfluo ed aveva un allestimento ridotto al minimo. Ne furono prodotti solo 900 esemplari in tiratura limitata. La Fulvia Coupé resterà in listino sino al 1976, per cui sopravvisse alla presentazione della Beta Coupé (1973).
Nonostante quest’ultima fosse una vettura più moderna e dotata di motorizzazioni che si estendevano fino a 1,8 litri, qualcuno imputò alla Beta la “colpa” di essere un prodotto della nuova era FIAT, per cui non pochi clienti sportivi continuano a preferire la Fulvia. Oggi sono entrambe delle Lancia di interesse storico, estremamente appetibili, che starebbero benissimo affiancate in qualunque garage. Per il nostro fotoservizio abbiamo scelto due esemplari della Fulvia Coupé in eccellenti condizioni, appartenenti rispettivamente alla prima ed alla seconda serie. La vettura rossa é una “Rallye 1,3 S” del 1968 ed appartiene al noto esperto Roberto Righetti. L’esemplare di colore Marrone Parioli é invece una “1,3 S” del 1973 ed é di proprietà di Filippo Amore, presidente dell’Associazione Maremmana Automoto Storiche. Dal confronto ravvicinato di questi due esemplari emergono con evidenza le poche ma significative differenze estetiche tra prima e seconda serie della coupé torinese.
HF Lancia, una storia di uomini e macchine: innumerevoli piloti italiani e stranieri si sono susseguiti al volante delle varie versioni della Fulvia impiegate in gara. Non vi é dubbio, però, che Sandro Munari più di ogni altro abbia legato il proprio nome alla leggenda della HF Squadra Corse ed alla coupé torinese. Munari, soprannominato “Il Drago”, é nato a Cavarzere il 27 marzo 1940, é stato e rimane anche oggi un campione completo, una figura esemplare di uomo e di pilota, che non ha mai abbandonato del tutto l’ambiente automobilistico.
Come pilota, potremmo dire che ha rappresentato nei rally l’equivalente di Niki Lauda, anche perché entrambi erano noti per le proprie qualità tecniche nella guida e nella preparazione delle vetture. C’é un aneddoto che ci torna in mente, che racconta che un giorno i meccanici Lancia non riuscivano ad eliminare un rumorino, proveniente dal motore di una Fulvia. Passa Munari e, ad orecchio, fa una diagnosi tanto puntuale quanto esatta, lasciando tutti di stucco (vibrazione dovuta a un bullone leggermente allentato). Non sappiamo se l’episodio si sia svolto esattamente così ma, certo, documenta efficacemente la capacità del pilota di capire la meccanica e la sua conoscenza profonda della vettura. Mario Angiolini lo portò in Lancia, alla corte di Cesare Fiorio che, da buon intenditore di uomini e piloti, non ci mise molto ad intuire le potenzialità del nuovo arrivato. L’affermazione del Drago al Tour de Corse del 1967 coincise con l’inizio di un’epopea di vittorie, che culmineranno nel Monte del ’72, impiegando tutti i vari aggiornamenti della Fulvia che si resero disponibili nell’arco del tempo.
Con quella vittoria, tra l’altro, la Fulvia raccolse talmente tante ordinazioni da garantire un futuro ad una produzione che, altrimenti, sarebbe giunta al termine, salvando così il posto di tanti lavoratori italiani. Per chi conosce Munari questo fatto fu un’affermazione importante, che si affiancò al successo nel rally monegasco e nella Coppa Internazionale Marche Rally di quell’anno, antesignana dell’attuale Mondiale Rally.